Analizzando qualsiasi dato e ricerca sulla situazione dei giovani in Italia, ad oggi si può certamente affermare che il nostro paese non sia un paese per i giovani.
Purtroppo, il malcontento giovanile dettato da problemi riguardanti lo studio, il lavoro, i problemi psicologici dei neet, caro affitti, difficoltà nella ricerca di una casa, secondo l’IRES (Istituto Ricerche Economiche e Sociali) si riflette anche sulle elezioni politiche, che vedono un 42,7% di astensionismo tra i giovani, dato sottolineato, recentemente, perfino dal Presidente Mattarella.
E il trend dell’“Inattività” apparente dei giovani italiani risulta anche più accentuata rispetto ai coetanei europei. A pesare su questo soprattutto il tasso di abbandono degli studi, incredibilmente alto, e così ci si ritrova ad essere la patria dei ” Neet”, quei giovani che non studiano e non lavorano.
Il 27% dei giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni risulta essere inattivo a fronte del 14% della media europea. In Italia lo studente che prosegue gli studi universitari è uno studente che non lavora mentre è in formazione (solo il 5% risulta essere uno studente lavoratore), mentre in buona parte degli altri paesi europei gli studenti che lavorano mentre studiano raggiungono percentuali anche del +30% con paesi come la Germania che toccano picchi del 31,8%. Al pari dell’Italia solo la Spagna con il 7,6% di studenti che lavorano.
Ma questo non pare essere il problema maggiore che affligge i giovani italiani. Gli studenti italiani hanno il grave problema che non riescono a performare e i dati ci dicono che solo 1 studente su 5 (20%) completa ” in corso” una laurea triennale. Va ancora peggio per uno studio magistrale. La situazione si aggrava ulteriormente se si va ad analizzare il fenomeno dell’abbandono universitario. Difatti, se prendiamo ad esempio una laurea triennale di media difficoltà, il 30% degli studenti abbandona gli studi senza conseguire il titolo. La media Ocse è del 20%.
Tutto ciò si traduce in un tasso di laureati più bassi in assoluto all’interno dell’Unione europea. La McKinsey & Company ha condotto un’indagine sulle problematiche nel rapporto sistema scolastico del mondo produttivo per cercare le ragioni che stanno alla base del costante aumento di disoccupazione giovanile. Per prima cosa si esclude il fatto che dipende dalla crisi economica, al contrario in Italia il fenomeno è radicato da lungo tempo.
Secondo l’indagine redatta da McKinsey & Company il problema lavorativo italiano nascerebbe dal difficile rapporto tra il sistema scolastico e i reali bisogni del sistema produttivo italiano e avrebbe tre cause fondamentali:
- Le aziende faticano a trovare giovani lavoratori adatti alle diverse mansioni perché solo il 38% degli studenti è a conoscenza delle reali opportunità occupazionali dei diversi indirizzi di studio. Di conseguenza la domanda e l’offerta non si incontrano.
- Carenza di competenze adeguate ai bisogni del sistema economico. Le aziende non ritengono sufficientemente preparati i giovani ad affrontare il lavoro in azienda.
- L’inadeguatezza dei canali di supporto alla ricerca del lavoro. Fonte primaria di ricerca di lavoro per i giovani sono amici e conoscenti e solo l 1% dei giovani residenti nel nostro paese si rivolge ai centri per l’impiego.
La proposta dell’agenzia McKinsey & Company è quella di intervenire in più ambiti creando un’offerta formativa adeguata alla domanda, rivalutando percorsi di studio alternativi, favorendo la collaborazione tra scuole, università e mondo del lavoro, fornendo dei servizi di orientamento per i giovani volti ad incrementare i canali di collocamento dei giovani sul mercato del lavoro.
Eri a conoscenza di questi dati sugli studenti universitari? Come pensi che si possa risolvere questa preoccupante situazione?
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